mercoledì 25 aprile 2018

IL 25 APRILE 2018...DEL QUARTO PARTITO: IL REFERENDUM DIMENTICATO E IL VOTO PRIVO DI SENSO

https://www.huffingtonpost.it/2018/04/25/il-25-aprile-fa-scattare-il-tempo-dei-messaggi-distensivi_a_23419754/?utm_hp_ref=it-homepage

1. Siamo alla tradizionale ricorrenza del 25 aprile che, questo blog, cerca di celebrare riconducendola alla sua essenza: la sua appartenenza comune e indistinta a tutti i cittadini italiani in quanto quella "Liberazione" (dall'occupazione militare straniera, sia chiaro) indusse, fortunatamente (o, forse, fortunosamente), l'intero popolo italiano al percorso che portò alla Costituzione in vigore dal 1° gennaio 1948. E di cui, perciò, scade quest'anno il 70° anniversario.
Chiunque può notare, infatti, che non esiste, in coincidenza con i primi giorni di gennaio, alcuna festività e ricorrenza ufficiale altrimenti dedicata alla conquista della Costituzione che fonda la Repubblica sul lavoro e in cui la sovranità appartiene al popolo. A differenza di quanto poterono prevedere le ben più "elargite dall'alto" costituzioni tedesca e giapponese: qui, pp. 8-11.
Il 25 aprile, dunque, è la festa che, per una sorta di attrazione logica, più dovrebbe indurci alla conta di chi, nella vita pubblica, politica ma prima ancora culturale, "crede o NON crede nelle Costituzioni"
Beninteso nelle Costituzioni pluriclasse fondate sull'eguaglianza sostanziale, e quindi sull'obbligo di intervento attivo dello Stato sia nel garantire le prestazioni sociali fondamentali, su tutte sanità e previdenza pubbliche, sia nel perseguire la piena occupazione con l'intervento diretto nell'economia reale del paese e nella tutela del risparmio diffuso (cioè quello cui debbano avere accesso anche e soprattutto i lavoratori). Insomma, quella che Mortati definì la "democrazia necessaria" perchè in assenza di questi elementi fondanti, la democrazia "semplicemente non è".

2. Nella celebrazione del 25 aprile dell'anno che ha preceduto il referendum costituzionale, muovendo dalle premesse sopra riassunte, avvertimmo che "quel" 25 aprile avrebbe potuto essere, rispetto alla sua vera sostanza e consapevolezza, l'ultimo: 
La forma repubblicana, e cioè l'area di intangibilità del modello democratico di tutela dei diritti essenziali, in particolare socio-economici, che caratterizza la nostra Costituzione - e che è il frutto della "concordia" e dell'armonia che in occasione del 25 aprile avremmo interesse a difendere sopra ad ogni altra priorità -, ne risulta sufficientemente determinata, dissipando i dubbi che al riguardo aveva sollevato Calamandrei in sede di assemblea Costituente. Alla luce di questo "diritto vivente" supremo (almeno nella perdurante giurisprudenza della Corte costituzionale), dovrebbe preoccuparci, ora e in occasione della ricorrenza del 25 aprile, che la riforma costituzionale determini un effetto di sbilanciamento sull'Esecutivo di decisioni che non solo sfuggiranno sempre più all'autonoma deliberazione parlamentare e alla indipendenza di giudizio degli organi costituzionali di garanzia, ma che sono assunte, in modo crescente e divorante, in sede sovranazionale, e quindi al di fuori del circuito di deliberazione dell'indirizzo elettorale, democratico e costituzionale... 
3. Sappiamo poi che il referendum di riforma costituzionale è stato respinto da circa il 60% degli Italiani, così come abbiamo cercato più volte di evidenziare che tale esito è stato "metabolizzato al contrario" rispetto al segnale di difesa democratica che avrebbe lanciato e, dunque, presto dimenticato: fino al momento politico attuale, che addirittura lo rende del tutto irrilevante. 
Sì, perché, com'era facile comprendere in base ad un'elementare consapevolezza della portata delle norme di riforma che si volevano introdurre, quel referendum era "proprio sull'€uropa".
E dunque, ove mai fosse stato colto nel suo senso più evidente, l'esito del referendum costituiva un richiamo allo Spirito del 25 aprile, inteso come rivendicazione dell'indipendenza e della volontà democratica dell'intero popolo italiano contro il dominio straniero.

4. E tutto ciò vale, ai nostri giorni, comunque si volesse aggiornare, nelle sue forme, un tale dominio, tenendo conto che "sovrano è colui che ha il potere di dichiarare lo stato di eccezione": laddove, cioè si prendesse realisticamente atto che i trattati raggiungono, deliberatamente e dichiaratamente, effetti equivalenti, se non ancora più insidiosi e penetranti, di un'occupazione militare straniera (qui, p.4 e qui) . 
Un prezzo che si è da lungo tempo considerato conveniente (ma per chi?) di pagare, fino a farlo divenire il tributo di un paese sottomesso ai feudatari dei "mercati" privati che dominano le burocrazie di Bruxelles:






Esito del referendum rimosso, esito delle elezioni reso insignificante, fanno sì che null'altro conti: 1+1+1 fa sempre 3 e quel 3 è l'opposto sistematico dello Spirito del 25 aprile:


5. Tanto che, sulla base della feroce rimozione del segnale dato dall'esito del referendum e della tetragona insistenza nel rilancio dell'€uropeismo, abbiamo sottolineato l'ironia di una nuova "gloriosa Caporetto". Naturalmente, perseguita incrollabilmente dall'oligarchia nazionale che agisce da Trojka incorporata rispetto al quasi inerme popolo sovrano.
Un'oligarchia che è organizzata sull'asse del famigerato Quarto Partito, ma che, come mai prima nella Storia della Repubblica, si è insinuato saldamente in ogni principale snodo istituzionale.

6. Ma messa l'attualità politica in questi termini, le principali conquiste che ha portato la democrazia costituzionale, in esito alle recenti elezioni, sono più che mai in pericolo e, l'irrisolta questione del vincolo €sterno e della religione neo-liberista che ad essa si lega, consente di rimettere indefinitamente in discussione, a fini definitivamente abrogativi, tali conquiste.


7. Questo irresistibile volgere degli eventi, lo avevamo visto qui "a caldo"; volendo trovare una sintesi della vivace discussione di immediato commento dei risultati elettorali, a spanne, l'evoluzione del post-voto fino all'odierno 25 aprile ci porta a questo:
Ammiro il tuo ottimismo della volontà :-)
E fai bene a esercitarlo.
Non solleverò alcuna obiezione.
Solo ti segnalo che...
http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06/confindustria-tende-una-mano-ai-cinque-stelle_a_23378100/?utm_hp_ref=it-homepage
http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06/sergio-marchionne-i-nuovi-non-mi-spaventano-m5s-visto-di-peggio-renzi-irriconoscibile_a_23378129/?utm_hp_ref=it-homepage
Intendiamoci: può pure essere che "quelli che non credono nelle Costituzioni" siano in grado di sconfiggere il "Quarto Partito": ma sarebbe un inedito, almeno a partire dal 1921...Ben venga, comunque.

34 commenti:

  1. "Siamo alla tradizionale ricorrenza del 25 aprile che, questo blog, cerca di celebrare riconducendola alla sua essenza: la sua appartenenza comune e indistinta a tutti i cittadini italiani in quanto quella "Liberazione" (dall'occupazione militare straniera, sia chiaro) indusse, fortunatamente (o, forse, FORTUNOSAMENTE), l'intero popolo italiano al percorso che portò alla Costituzione in vigore dal 1° gennaio 1948."

    L'occupazione militare dell'Italia non si è mai tecnicamente interrotta dal 1943.

    Dalla fine della II GM in poi e fino al 1954 vi sono state per esempio truppe di occupazione a Trieste ed a partire dal 4 Aprile 1949 (data di adesione alla NATO) la situazione è costantemente peggiorata rispetto al 25 Aprile 1945.

    http://www.oltrelalinea.news/2017/10/24/basi-usa-in-italia-storia-di-una-sottomissione-palese/

    Quindi 'fortunosamente' mi pare l'avverbio più adatto.

    Ma bisogna pure ricordare che se non fosse stato per l'ottimismo della volontà di comunisti, socialisti ed una parte dei cattolici non sarebbe mai nata la Costituzione.

    Quindi rimango convinto che, pur rimanendo l'Italia uno stato occupato militarmente (anche dalle sue stesse forze armate, visto che la loro catena di comando fa capo in realtà allo SHAPE/NATO) etc. etc., possiamo riuscire a ripristinare l'Orizzonte 48 anche se si insediasse un governo piddin-pentastellato.

    Per far capire infine che cosa significa l'occupazione militare USA voglio citare un episodio personale.

    Dopo aver lavorato (1997) per un anno in Alabama insieme ad un collega più giovane (divenuto successivamente cittadino USA) su un programma militare NATO, lo ho incontrato di nuovo dopo qualche anno.

    Intuendo che la sua presenza in Italia non era del tutto casuale gli ho chiesto (ammiccando) se gli era successo qualcosa (visto che i giornali del litorale laziale riportavano una curiosa ed inspiegabile moria di uccelli)...

    A quel punto, senza dire una parola, si è alzato la maglietta e mi ha fatto vedere il petto (era verso l'estate e faceva molto caldo): una estesa ustione mostrava tutta la trama del tessuto della canottiera impressa sulla sua pelle e quella fu l'unica volta in vita mia che ho visto delle ustioni da microonde.

    Altro non mi volle dire, ma ho capito che a Pratica di Mare si dovevano essere svolti (in incognito) dei test ad altissima potenza radar e che per un errore il radar non si doveva essere spento quando illuminava il settore dove stavano riparati gli addetti ai test (e suppongo pure il sentiero di atterraggio degli aerei civili a Fiumicino|).

    Gli uccelli invece che volavano nel settore radar 'sbagliato' sono stati cotti in volo...

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    1. Sì, l'argomento centrale è in linea di principio corretto: ma mi riservo di approfondire un'esatta scansione storica e politica, nei suoi risvolti sul piano del diritto internazionale (allora vigente), che differenzia la vicenda italiana da quella degli altri paesi "sconfitti".
      Intanto, consiglio di rileggersi i pp.8-11 del post linkato al p.1, primo capoverso.

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    2. A questo proposito vorrei ricordare le parole di Francesco Cossiga, durante l'audizione da parte della commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, seduta n. 27 di Giovedì 6 Novembre 1997 [pdf] (disponibile anche come pagina web):

      Pagina 1132 (foglio 26 del pdf):

      COSSIGA. Il Ministero dell’interno assolutamente no, almeno quando io ero Ministro. Anzi vorrei qui dire che il ruolo del Ministero dell’interno nella sicurezza interna del nostro paese è stato sempre molto limitato. Dovete pensare che è esistito nel paese un solo servizio segreto che è stato sempre e soltanto quello militare.

      P. 1147 (f. 41):

      PRESIDENTE. Noi abbiamo addirittura prove di una pianificazione in questo senso. Che ci sia stata una pianificazione americana di infiltrazione delle formazioni di sinistra per poterne innalzare il livello di offensività e di pericolosità, come l’operazione chaos o blue moon [N.d.CdB: su questa operazione c'è anche un documento video della Rai], questo è provato.

      COSSIGA. Non credo sia difficile, con la trasparenza che ormai hanno le carte, andare a capire di cosa si trattasse. Tenga presente poi che costoro in Italia mica sempre agivano col nostro consenso e la nostra conoscenza. Come è noto.

      PRESIDENTE. A questo proposito il generale Maletti, fra gli altri (e, in qualche modo, il senatore Andreotti, sia pure da una prospettiva diversa ce lo ha confermato) ci ha fatto capire che almeno fino al 1974, in realtà, è come se il potere politico italiano facesse un passo indietro rispetto al servizio militare e accentuasse quindi un suo vincolo di subordinazione rispetto alle centrali americane.

      COSSIGA. Che il servizio informazioni militare italiano sia stato sempre molto legato ai servizi americani è indubbio. Ricordiamoci la grande centrale di intercettazione dell’Ambasciata dell’Est costituita a Roma dal Sid, ricordiamoci che la famosa centrale del colonnello Allavena fu un dono della Cia americana. Non dimentichiamoci che i denari per comprare i terreni e costituire Capo Marragiu erano di origine americana. Non v’è dubbio che il nostro servizio militare era fortemente contiguo alla Cia e io ritengo che uno dei motivi per i quali il Ministero dell’interno è stato sempre tenuto in una posizione di subalternità perfino nel campo della tutela della sicurezza interna è che erano molto più forti, salvo che per alcuni personaggi, i legami e la possibilità di influenza dell’apparato americano nei confronti degli apparati militari e dei servizi segreti militari.

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    3. Cossiga, per altro, era un interlocutore che queste cose ammetteva non per cinismo (come sarà poi quando la sinistra diventerà "di governo"), ma con un certo personale compiacimento (e dunque per intima visione delle cose).

      Peraltro, la parte che risultata apertamente, per così dire, "confessabile" di questo fenomeno, aveva a che fare, con molta evidenza, con la facciata (allora "rassicurante) della neutralizzazione della spinta (socio-politica) italiana verso l'influenza sovietica.

      Probabilmente, come emerso ai nostri giorni (v. Craig Roberts) un "fake" creato dai fratelli Dulles (e dalla "guerra fredda" di Walter Lippmann).
      https://it.wikipedia.org/wiki/Allen_Welsh_Dulles
      Tutti filoni che credo non appaiano agli atti delle varie commissioni parlamentari di inchiesta (se fossero trattati funditus, ne sarei sorpreso...).

      L'interesse nazionale economico, e in definitiva la vera partita, tuttavia, fu a lungo lasciata alle capacità e al preponderante influenzamento politico del Quarto Partito.

      La dialettica che, con alterne fortune, si ebbe tra quest'ultimo e le forze democratiche costituzionali, segna un NON trascurabile percorso di sovranità effettiva, talora espansa, talora erosa, ma dotata di una sua vitalità.
      Mattei e la vicenda Moro ne sono l'eclatante testimonianza (a saper collegare politiche economiche e industriali, disciplina del mercato del lavoro, modalità di crescita del PIL e degli investimenti con, naturalmente, le vicende geo-politiche, via via succedutesi...)

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    4. Ma infatti non se ne può più di 'sta cosa della "sovranità limitata" dalla NATO e dei Servizi esteri che fanno i loro porci comodo su suolo sovrano altrui.

      Nessuno è obbligato a fare nulla: a qualcuno ha fatto comodo entrare nella NATO come a qualcun altro ha fatto comodo firmare trattati commerciali liberoscambisti e siglare accordi di cambi fissi.

      Quando si dice che l'imperialismo è una forma di lotta di classe, non lo si fa per usare un'iperbole.

      Moro e Mattei avevano probabilmente - come fa ben capire il solito Basso citato da Mauro e il liberale Mussolini citato da Arturo - più nemici in Italia che all'estero. (Sì, sì, con buona pace degli ottimi Cereghino, Fasanella e dell'armata brancaleone degli antiamerikani).

      È l'economia che fa la geopolitica, non viceversa: e non è banale. (Con buona pace di tutti gli esoteristi che seguono la posa delle infrastrutture per l'approvigionamento di idrocarburi).

      E questo lo dico perché vedo che, a parte Orizzonte48 (e forse Giacché) tutti (tutti) si danno alla Quarta Teoria Politica.

      Da queste parti si è più o meno pacificamente d'accordo che di teoria in realtà ce ne è solo una (il materialismo storico descrivibile tramite le scienze sociali ed interpretabile tramite categorie "filosofiche") che, a sua volta, si divide in due paradigmi contrapposti in funzione degli interessi materiali: il liberalismo (forma di elitismo nel modo di produzione capitalista), e nel socialismo (forma di democraticismo nel sistema capitalista). Punto.

      Il resto è propaganda, ideologia ed ingegneria sociale.

      La Guerra Fredda, come mi faceva notare Arturo, non poteva non essere "fake" visto che, Stalin o non Stalin, l'URSS non poteva essere un Paese imperialista, proprio per sociostruttura: pipeline o non pipeline.

      Se non c'è profitto non ci può essere imperialismo, non ci si scappa.

      Non era un caso che l'URSS avesse sempre appoggiato le guerre di liberazione ed indipendenza coloniale, che armasse gli oppressi e non gli oppressori.

      Era la sociostruttura a farle prendere la parte degli oppressi: non la consacrazione alla Vergine che, con Eltsin, non pare avesse troppo svolto il suo compito, dato che si è visto opprimere più russi nei '90 che nella Grande Guerra Patriottica o sotto le purghe staliniane.

      Le purghe dell'FMI hanno dimostrato di essere ben più austere.

      Con il liberalismo, non c'è più solo l'appello allo straniero della Chiesa: c'è l'appello di dinastie di cialtroni che odiano più gli italiani dei nemici stranieri stessi.

      Il vincolo esterno non è altro che una formalizzazione giuridica dell'appello allo straniero.

      Che sia la NATO o, peggio, che sia la UE.

      (Ricordo a chi scacciò gli austriaci prima dei nazisti, la mostra di mio zio. Soprattutto se è disoccupato, visti gli orari.
      Si rifiutò di salutare un gerarca fascista: sotto processo fu difeso dal maestro che argomentò che un artista, quando è in fase di ispirazione, può non salutare neanche il papa. A differenza del maestro non visse dipingendo perché si rifiutava di rappresentare quello che volevano i galleristi dediti al libero mercato. Amava le donne)

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    5. Difatti Quarantotto mi meraviglia constatare che si sia riusciti comunque a sviluppare l'economia sino al livello di potenza industriale e a far partecipare di questo sviluppo, bene o male, buona parte della popolazione, nonostante fossimo sotto una così pesante "tutela" di apparati che, appare sempre più evidente, giurarono fedeltà non alla Costituzione ma ad una parte ben precisa (quarto partito e referenti esteri). Appurato questo, non mi meraviglia invece apprendere che hanno usato qualsiasi mezzo pur di piegare l'anomalia italiana.

      Torno a citare un brano da un lavoro di Francesco Petrini che ho già citato in passato su Goofynomics, "Io stavo dalla parte dei capitalisti". Guido Carli e la modernizzazione italiana. Pagina 7:

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      Ma non fu solo il salario al centro dello scontro sociale. Ancor di più le rivendicazioni dei lavoratori riguardarono l'organizzazione del lavoro, andando dritto al cuore dei rapporti di potere in fabbrica. Come affermava un anonimo imprenditore a metà anni Settanta, intervistato dal sociologo Alberto Martinelli: "fino a una decina d'anni fa l'imprenditore aveva una discrezionalità assoluta sull'operaio, mentre adesso si è rovesciata la situazione".²⁶ E così, a proposito della situazione dei rapporti industriali all'interno della maggiore azienda industriale italiana, la FIAT, Marco Revelli, ha scritto di una «crisi di comando» del management.²⁷

      Carli, sempre alla guida della Banca centrale, colse in pieno questi sviluppi:

      «[I sindacati] puntarono non soltanto e addirittura non tanto su rivendicazioni puramente salariali, ma sul tema della rigidità della forza lavoro. Fu questo il punto cruciale di quello scontro: sottrarre completamente e definitivamente la forza lavoro agli automatismi del mercato, all'andamento della congiuntura e alle autonome decisioni degli imprenditori. Io ebbi allora la sensazione che fossimo definitivamente entrati in un sistema che potremmo definire di labour standard, in un sistema cioè contraddistinto dal salario come variabile indipendente.²⁸»

      La situazione era aggravata dall'indebolimento del vincolo esterno, con lo sgretolarsi del sistema di cambi stabilito a Bretton Woods.
      __________________________________
      26 A. Martinelli, La cultura economico-politica e ideologica degli imprenditori, in D. Bratina, A. Martinelli, Gli imprenditori e la crisi, il Mulino, Bologna, 1978, p. 64.
      27 M. Revelli, Lavorare in Fiat, Milano, Garzanti, 1989, p. 55.
      28 G. Carli, Intervista sul capitalismo italiano, a cura di E. Scalfari, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, pp. 64-65.

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      Allora è forse vero che, come sostengono alcuni (per esempio Nino Galloni, al minuto 4), stavamo compiendo, senza troppo clamore né consapevolezza diffusa, un percorso di fuoriuscita dal capitalismo, pur mantenendo formalmente un'economia di mercato (regolata e con una forte presenza dello Stato)? È forse per questo che andavamo piegati e ricondotti nel recinto del liberalismo? Nonostante tutti gli intralci, la formula che i costituenti avevano trovato era "troppo" efficace per i gusti dei libertardi?

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    6. Ci sono dettagli che fanno la delizia dell'intenditore.

      Dalla NATO si può uscire in ogni momento con una semplice comunicazione scritta ad effetto immediato (la potrebbe fare anche il prossimo governo senza neppure interpellare le camere).

      Lo fece per esempio la Grecia dei colonnelli (stato-nazione) in occasione del contenzioso con la Turchia sull'isola di Cipro, lo fece la Francia di De Gaulle timorosa di perdere la sua sovranità (e l'impero repubblicano di Francia fu pure uno dei fondatori), lo potrebbe fare la Turchia di Erdogan da stasera a domattina.

      Eppure in pochi si sono domandati le vere ragioni per cui Sarkozy appena eletto fece rientrare la Francia nella NATO nel 2009.

      Oppure perchè la 'neutrale' Svizzera è entrata di fatto nella NATO nel dicembre 1996.

      http://www.corriere.it/esteri/09_marzo_11/sarkozy_francia_rientro_nato_c2cce07c-0e5c-11de-b3a4-00144f02aabc.shtm

      https://www.swissinfo.ch/ita/la-nato-e-la-svizzera/1722492

      Il fatto (per la Francia) è che per aggredire e colonizzare definitivamente l'Italia non servivano le FFAA (che infatti ora sono anch'esse comandate da SHAPE/NATO, come le nostre), quanto piuttosto il nulla osta USA.

      E non è per caso che la costruenda base per droni armati USA sta sorgendo in Niger...

      La volontà francese di metterlo in quel posto all'Italia risale perlomeno al primo Rinascimento ed il primo schiaffo all'Italia unitaria appena costituita risale al 1881.

      http://www.corriere.it/opinioni/17_luglio_31/tunisi-1881-schiaffo-francesi-all-italia-96904f7a-755b-11e7-8292-d167b01e26c8.shtml

      Come per gli USA cambiano i governanti ma non cambia la politica estera.

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    7. « un percorso di fuoriuscita dal capitalismo »

      Galloni, a suo modo, ha ovviamente ragione.

      Per i liberali "veri", questo non poteva non essere ovvio: il « labour standard » del tecnocrate Carli, non è altro che il principio di sacralità della vita tutelato dal poter lavorare liberamente, dignitosamente e secondo vocazione. È umanesimo il « labour standard ».

      La pericolosità del "sovranismo della quarta teoria politica" sta nel non comprendere la profonda coerenza e pacifica concordia tra i grandi autori che hanno segnato la strada della storia moderna.

      Sia che parteggiassero per il fattore lavoro (socialisti) sia che parteggiassero per il fattore capitale (liberali).

      La più grande critica alla sinistra moderna non arriva da destra (Michéa è stato citato in questi spazi da tempo, come tanti altri autori antiliberali MA NON democratici in senso socialista), ma arriva dai socialisti classici da cui nascono gli stessi pilastri teorici fondamentali della nostra Carta.

      Poiché già voegeliani e cattonazionalisti impestano il movimento sovranista - con gran gioia dei neofascisti di sinistra - questa è una nota credo da tener ben presente.

      Il Politico è in definitiva la Storia che ogni persona con coscienza è chiamata a scrivere: quindi le stesse strutture sociali sono da valutarsi nel loro divenire, nel loro andamento regressivo o progressivo.

      Un'economia mista costituzionalizzata insieme a redditi indiretti e differiti, è socialismo e porta alla progressiva collettivizzazione dei mezzi di produzione fondamentali con cui è possibile altrimenti mettere indebita pressione politica sulla collettività.

      Per questo solo dei voegeliani imbecilli possono paragonare la UE all'URSS: è non voler capir nulla ed essere ideologicamente ottusi.

      Significa rifiutare secoli di ricerca scientifica per onirici viaggi religioso-filosofici... che fanno gli stessi interessi di chi si crede di combattere. (E questo vale tanto per i Michéa, per i Benoist, e via attraversando l'Europa fino a Dugin)

      Dall'analisi economica del diritto non si scappa: o stai col Capitale di Marx, o stai con Bruno Leoni: tutto il resto può essere un boomerang.

      Keynes (ovvero il liberalismo sociale) costituzionalizzato porta al socialismo: è banale per chi si occupa di scienze sociali senza fette di salame ideologiche sugli occhi o nel portafogli.

      Spinelli (ovvero TUTTA la sinistra liberal/democrat, ovvero i "socialisti liberali") "positivizzato" nei trattati UE, porta al nuovo fascismo, al nuovo medioevo tecnocratico.

      Nelle scienze sociali si ragiona col divenire storico-politico, quindi si valutano le "direzioni", le "derivate prime e seconde" delle politiche sulle riforme di struttura. Perché una volta modificata il tipo di struttura, tornare indietro è ben difficile.

      E la politica economica keynesiana costituzionalizzata - probabilmente l'Italia unico caso al mondo - porta alla democrazia intesa come dai socialisti: una democrazia sostanziale e non solo formale, che applica la libertà, l'uguaglianza e la fraternità senza considerare le differenze di censo, che, di fatto, non fanno che amplificare i divari tra oppressi e oppressori. Non c'è nulla di più ingiusto che trattare in modo eguale persone diverse.

      La semplice istanza del socialismo (tutto) è quella per cui non ci può essere democrazia senza aver rimosso gli ostacoli materiali alla partecipazione attiva del popolo lavoratore alla vota politica (terzo articolo capoverso).

      Pensate quindi il danno che fanno i sovranisti voegeliani, nostalgici o, in generale, anticomunisti.

      (Quando la religione, l'esoterismo o la Tradizione finisce nella riflessione politica, si è sempre di fronte ad un processo reazionario e doppiamente pericoloso per la mancanza dell'elemento dialogico quando si mischiano i "metalivelli": il conflitto diventa sempre d'annientamento e il totalitarismo si presenta nella sua massima forma opprimente, sfruttatrice ed alienante)

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    8. Ancora una volta si è dovuto aggirare il parlamento sovrano della Repubblica, costruendo altrove ciò che non si riusciva a costruire in patria.

      Ringrazio Correttore di bozzi per il bel paper allegato e da cui traggo la citazione-manifesto di Carli.

      Intervengo in questa meravigliosa discussione solo per ribadire ciò che vado dicendo da tempo su Twitter. Smettiamola di parlare la lingua dei padroni: finirla col "sovranismo" per iniziare sul serio col Socialismo. Troncare tutte le contraddizioni che accompagnano quest'indistinto e confuso corpaccione d'opinione (che spazia dal vandeano ultrareazionario al liberista...euroscettico) sarebbe a mio avviso il primo passo per costruire una seria opposizione culturale e politica, come questo glorioso blog conferma.

      Oltre la dicotomia Capitale-Lavoro non v'è che velo di maya reazionario... e quindi capital-lead: se non si parte dalla condizione strutturale non s'arriva da nessuna parte.

      Medicina, informazione, cultura, scienza, università, forze armate sono espressioni derivate di una struttura economica che informa tutto. Come si può pensare- o peggio sperare- in un sussulto di dignità in FF.AA. la cui direzione sta Oltreoceano? Come si fa a non capire che la grancassa mediatica suona le note volute da chi tiene i cordoni della borsa?

      per un umile studente di scienze sociali il grado di degenerazione barbara offerto da tromboni ordinari ed emeriti della nostra accademia risulta davvero orripilante. Meno male che c'è la comunità di 48 :)

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    9. Questo "glorioso" blog ha sempre e solo parlato del concetto giuridico-costituzionale di "sovranità" ed è estraneo al propugnare il "sovranismo" ex se (cioè, scevro da una connotazione economico-keynesiana e da una fenomenologia democratica socialista).

      Poi rivolgersi al grande pubblico (si fa per dire) di twitter è poco realistico: lì si registrano tendenze che vengono alimentate altrove e, al più, si ha uno sfogatoio di umori più o meno indignati.

      Quanto all'opposizione "culturale e politica", credo si possa dire che, qui, in nome della legalità costituzionale e del dialogo con chi ne accetta la sostanza effettiva (e non immaginaria), si è fatto il possibile; e anche una parte del miracoloso :-)

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    10. Vero Presidente…

      Uno dei tanti post

      (ma per quanto mi riguarda è quello dove si capisce subito il vero concetto di sovranità):

      E in sostanza, si ha la clamorosa conferma che la sovranità è un concetto equivoco, se non ingannevole, se ci affidiamo alle generalizzazioni mediatiche e perdiamo di vista la nostra Costituzione e 150 anni di conflitto sociale che la precedettero: la "democrazia liberale", alla fine, è inevitabilmente tendente all'idraulica. Sovrana o meno che sia.
      Questioni di gerarchia nella politica internazionale non interessano le masse dei disoccupati ma scaldano i cuori di qualche oligarchia-aristocrazia "nazionale".
      La solidarietà internazionale tra popoli, come insegnano Basso e Rosa Luxemburg, è concepibile solo tra Stati sovrani che siano democrazie sociali; altrimenti, si ha inevitabile competizione per una posizione gerarchica nella comunità internazionale e soprattutto economica.
      L'Italia, anche se non è quasi più consentito dirlo - in un crescendo di neo-autoritarismo realizzato per via mediatica-, è una democrazia "sociale", non una democrazia "liberale": la nostra Costituzione lo afferma con chiarezza.
      La democrazia sociale è un di più, perché tutela anche i diritti di libertà, ricomprendendo in sè le garanzie apprestate dalle carte liberali. Chi vi parla dell'Italia come democrazia liberale, lo fa per affermare la soppressione del "di più", in termini di democrazia, che è sancito dalla nostra Costituzione, cioè dei diritti sociali.
      Ma por fine a questo autolesionismo in danno del popolo sovrano, cioè di quella globalità di interessi differenziati che la Costituzione intende armonizzare, dipende da noi e solo da noi...

      http://orizzonte48.blogspot.com/2016/06/uk-italia-e-la-sovranita-la-sua-ragion.html

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    11. Il gioco linguistico sulla "sovranità" purtroppo è subdolo (v. Basso): da una parte esiste una sovranità "esterna" limitabile, dall'altra esiste una sovranità "interna" e, soprattutto, popolare inalienabile, entrambe prodotte dalla medesima sovranità espressa dal potere costituente.

      Il cosmopolitismo borghese che cosmetizza irenicamente l'imperialismo, confonde volutamente il concetto: se la democrazia non è sinonimo di sovranità popolare come nel lessico liberale, tutto torna orwellianamente; la guerra è pace, la libertà è schiavitù, ecc.

      Il problema però nasce anche con il "classico" socialista e democratico dell'indipendenza nazionale, o la più recente autodeterminazione dei popoli in senso anticoloniale.

      Voglio dire, anche i catalani sono "indipendentisti": il problema è che di costoro possono essere democraticamente supportabili le rivendicazioni autonomiste ma non quelle indipendentiste e secessioniste, qualificabili come strumentali ad imperialistica balcanizzazione.

      La questione non è appunto della sovranità nazionale di per se stessa: ma della sovranità popolare che passa dall'indipendenza nazionale.

      Infatti gli europeisti sono, rispetto a questa classica sintesi, tecnicamente dei collaborazionisti guidati dai margravi dei ceti dominanti locali.

      A creare schizofrenia ci sono i neoliberali di sinistra, gli antifa neofascisti, gli antirazzisti razzisti, gli antimperialisti noborder, i trafficanti di schiavi per l'autodeterminazione dei popoli, e via delirando wuminghianamente.

      A puntellare la diffusione di questa falsa coscienza ci sono quelli della Quarta Teoria Politica, e tutto il messianesimo guenoniano della Tradizione, i voegeliani e quelli per cui il duce era un "socialista di destra".... that's it.

      Non c'è altro da aggiungere: la sordità ideologica è quella di chi non vuol sentire. E quando non si vuole capire, significa che di mezzo non ci sono altro che emozioni.

      E l'intelligenza emotiva è un tutt'uno con quella logico-razionale... quando emergono solo pulsioni emotive cosmetizzate razionalmente, o fredda ragione senza fondazione emotiva, bè, si è di fronte ai sintomi di massa dell'alienazione. Ovvero dall'analisi economica del diritto si passa alla psichiatria junghiana...

      (La psicosi di massa potrebbe essere considerata il massimo dell'alienazione, dove non solo l'Io scompare del tutto, ma pure il Noi: paradossalmente l'individualismo metodologico porta all'annichilimento dell'Io stesso)

      (Nel frattempo mi sto dedicando alla control-mastery theory...)

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    12. Non c’è niente da fare…

      leggendo i vostri commenti c’è sempre da imparare.

      Veramente... grazie a tutti.

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    13. Solo per non prendermi meriti di altri, l’osservazione sulla natura non imperialista (che però non vuol dire per questo rispettosa della sovranità altrui…) dell’URSS la devo a Basso: “Le grandi corporations multinazionali di oggi non potrebbero non solo realizzare gli immensi profitti che realizzano, ma probabilmente neppure sopravvivere se non potessero dominare il mercato mondiale, procurarsi tutte le materie prime necessarie, esportare capitali, impiantare fabbriche o succursali in altri paesi, dominare il meccanismo dei prezzi ecc. E una vecchia disputa in seno al marxismo se, come sosteneva la Luxemburg, queste manifestazioni imperialistiche siano proprio una condizione di vita per il capitalismo, oppure no. […]
      Il Tribunale Russell sull’America Latina ha dimostrato - dico: dimostrato - che tutti i colpi di Stato militari e le dittature in America Latina sono originati da questo meccanismo imperialistico. In questo senso ho espresso l’opinione che siamo di fronte a un fenomeno fisiologico ineliminabile dallo sviluppo imperialistico, soprattutto per quanto attiene alle violazioni dei diritti degli altri popoli, perché di questo si è occupato il Tribunale Russell in entrambe le sue edizioni (comportamento dell’imperialismo americano in Vietnam e nell’America Latina).
      Si può dire lo stesso del dissenso sovietico, e soprattutto delle violazioni dei diritti dei popoli da parte dell’URSS, che ci sono certamente state, per esempio nel caso della Cecoslovacchia, contro cui non ho cessato di prender posizione dal 1968 a questa parte? Si può dire che funzionino gli stessi meccanismi economici? Vorrei rispondere con le parole di un segretario del Partito socialista francese, che sarà certamente più gradito di me al mio interlocutore, Gilles Martinet: «L’arrivo al potere di regimi di tipo socialista limita certi aspetti del capitalismo. Per esempio, un regime di tipo socialista non ha bisogno di esportare i propri capitali, è un elemento fondamentale: perfino l’URSS, che beneficia di uno scambio ineguale, come ha dimostrato la crisi del ’48-’49 tra la Jugoslavia e l’URSS, non esporta i propri capitali. [...] Nei paesi capitalisti invece l’esportazione dei capitali diventa una necessità: ha permesso di compensare negli USA soprattutto la diminuzione del tasso di profitto nel quadro dell’economia nazionale, consente il controllo dei mercati; è un fattore essenziale dell’imperialismo» (Il socialismo oggi e domani, Cosenza 1976, pp. 73 e 78). Neppure l’invasione della Cecoslovacchia fu dovuta a necessità dell’economia sovietica, ma a ragioni politico-militari.
      ” (“Critica sociale” , 21 ottobre 1977, n. 13 ora in M. Salvati e C. Giorgi (a cura di), Lelio Basso. Scritti scelti, Carocci, Roma, 2003, pag. 310).


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    14. Solo una sovranità popolare può obbligare al rispetto della sovranità altrui.

      Ma questo non fa altro che rafforzare il legame che c'è tra pace tra nazioni e democrazie in senso socialista.

      Certo è che se sei in stato di guerra permanente in mezzo a potenze imperialiste è anche ben difficile avere effettivamente sovranità popolare e non uno stato poliziesco e burocratizzato....

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    15. Certo, lo "smisurato odio contro il potere sovietico", come diceva Zinoviev, fu ovviamente un fattore fondamentale; ma, per dire, la liquidazione dei vertici militari e i suoi effetti tendono ad avvalorare pesantemente l'opinione che la repressione interna abbia contribuito a puntellare più il potere personale di Stalin che lo Stato sovietico.

      Sarebbe un discorso molto lungo e difficile. Io per il momento mi accontento del punto chiarito da Basso. ;-)

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    16. Suppongo il punto chiarito da Basso anche con riguardo allo stalinismo
      http://orizzonte48.blogspot.it/2017/12/la-destalinizzazione-come-riferimento.html

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    17. Scusate il commento OT:

      Francesco Maimone27 aprile 2017 22:04

      A tutti i Riotta che ce l’ha tanto con gli operai mi permetto di replicare con A. Gramsci, dal momento che proprio oggi è l’anniversario della sua morte (27 aprile 1937):

      “Sono i giorni della réclame per gli abbonamenti. I direttori e gli amministratori dei giornali borghesi rassettano la loro vetrina, passano una mano di vernice sulla loro insegna e richiamano l'attenzione del passante (cioè del lettore) sulla loro merce. La merce è quel foglio a quattro o sei pagine che va ogni mattina od ogni sera a iniettare nello spirito del lettore le maniere di sentire e di giudicare i fatti dell'attualità politica, che convengono ai produttori e venditori di carta stampata. Vogliamo tentare di discorrere, con gli operai specialmente, dell'importanza e della gravità di quell'atto apparentemente così innocente, che consiste nel scegliere il giornale cui si vuole abbonarsi? È una scelta piena di insidie e di pericoli che dovrebbe essere fatta con coscienza, con criterio e dopo matura riflessione.

      Anzitutto l'operaio deve negare recisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese. Egli dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un'idea: servire la classe dominante, che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice. E difatti, dalla prima all'ultima riga, il giornale borghese sente e rivela questa preoccupazione. Ma il bello, cioè il brutto, sta in ciò: che invece di domandare quattrini alla classe borghese per essere sostenuto nell'opera di difesa spiegata in suo favore, il giornale borghese riesce a farsi invece pagare... dalla stessa classe lavoratrice che egli combatte sempre. E la classe lavoratrice paga, puntualmente…. Centinaia di migliaia di operai, dànno regolarmente ogni giorno il loro soldino al giornale borghese, concorrendo cosí a creare la sua potenza. Perché? Se lo domandate al primo operaio che vedete in tram o per la via con un foglio borghese spiegato dinanzi, voi vi sentite rispondere: «Perché ho bisogno di sapere cosa c'è di nuovo». E non gli passa neanche per la mente che le notizie e gli ingredienti coi quali sono cucinate possano essere esposte con un'arte che diriga il suo pensiero e influisca sul suo spirito in un determinato senso. (segue)

      http://orizzonte48.blogspot.com/2017/04/capitalismo-fascismo-tra-la-marcia-su.html?showComment=1493323472651#c8496710035112559910

      p.s. aprire il link perché il commento è lungo…

      tra l’altro ripreso in parte in questo post… (direi un altro grande post) :)

      http://orizzonte48.blogspot.com/2017/09/cntri-di-irradiazion-vs-legalita.html

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    18. Basso - di cui ancora non mi spiego fino in fondo la sua marginalità intellettuale nel dopoguerra - resta la base, la frontiera ultima prima che si smarrisse del tutto la dialettica democratica. Morto lui, trovare un pensiero così organico e coerente, così riconoscibile nelle influenze e nelle più personali (e sancite a posteriori «corrette» dalla Storia) analisi, è ben difficile. D'altronde era famoso in tutto il mondo tranne che in Italia.

      Pare ci sia un vuoto, un sonno, di almeno quarant'anni. Già quarant'anni. Il 16 dicembre di quest'anno si celebrano i quarant'anni dalla sua morte: sarebbe doveroso organizzare da parte di noi quarantottini una qualche forma di evento per rafforzare il senso dei ricorrenti settant'anni della nostra Costituzione. Che oramai si tiene in vita con la respirazione bocca a bocca.

      D'altronde è un debito umano ed intellettuale che va riconosciuto a Lelio.


      (La riflessione sullo stato di guerra permanente, non la facevo riguardo esclusivamente in riferimento all'URSS. Ma alla Russia, la cui geografia l'ha resa storicamente un popolo di guerrieri, prima e dopo l'esperienza sovietica: e questo pensiero lo facevo in merito alle strutture sociopolitiche che si cristallizzeranno o meno in eurasia... e l'impatto che queste avranno in Europa ed in Italia. Considerando che il liberalismo atlantico ha distrutto l'Europa tramite la UE, mi chiedo se l'eurasia non farà altro che costruire un gigantesco museo nelle vecchie capitali europee a memoria di cosa è stata la cultura europea. Dal coraggioso nuovo ordine mondiale di Huxley a quello più ancora entusiasmante di Orwell)

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    19. Credo che Basso scontasse al tempo- a maggior ragione oggi- l'esser rimasto fuori dal PCI e dal relativo sistema di egemonia culturale. Ancor più significativa appare la sua sostanziale scomparsa dai radar se si pensa che Lelio sia stato quasi sempre in minoranza dentro il PSI per poi, al tempo del centrosinistra, addirittura finir fuori dal partito per la breve e sfortunata esperienza del nuovo PSIUP.

      Non sempre purtroppo grandi intellettuali e politica contingente vanno insieme, e certo il psi poteva avere ben altra caratura con uomini del calibro di Basso in posizione di forza, così come il centrosinistra organico sarebbe stato- forse- tutt'altro con Lombardi e Basso tra i banchi del governo e non all'opposizione.

      Condivido comunque l'idea della celebrazione del quarantennale a dicembre, non credo che in molti ricordino ancora Basso.

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    20. @Quarantotto: sull'argomento di cui si parlava, ossia i rapporti esterni, sì; una storia interna della Russia sovietica vuol dire invece storia sociale, per cui gli apporti archivistici degli ultimi anni sono indispensabili. Per questo dico che è un discorso lungo, difficile e tutt'altro che concluso. Per esempio un libro come questo dimostra quanto ancora ci sia da scavare e da capire.

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  2. Beninteso nelle Costituzioni pluriclasse fondate sull'eguaglianza sostanziale, e quindi sull'obbligo di intervento attivo dello Stato sia nel garantire le prestazioni sociali fondamentali, su tutte sanità e previdenza pubbliche, sia nel perseguire la piena occupazione con l'intervento diretto nell'economia reale del paese e nella tutela del risparmio diffuso (cioè quello cui debbano avere accesso anche e soprattutto i lavoratori). Insomma, quella che Mortati definì la "democrazia necessaria" perchè in assenza di questi elementi fondanti, la democrazia "semplicemente non è".

    Vorrei riportare questo bellissimo commento di Mauro:

    mauro gosmin11 febbraio 2016 08:41

    Ciao Quarantotto, io credo, ne sono pienamente convinto, che la Costituzione Italiana sia il punto più avanzato che la coscienza collettiva umana abbia mai raggiunto. Credo fermamente che il discorso di Lelio Basso dovrebbe essere il Patrimonio Spirituale del nostro Paese, che andrebbe fatto imparare a memoria in tutte le scuole d'Italia, come s'imparavano le poesie, e poi andrebbe studiato e poi ancora meditato.

    La nostra Costituzione è un punto di cesura con il passato. E’ la prima volta nel nostro Paese che cambia il rapporto di forza lavoro/capitale a favore del primo, passiamo da uno Stato Liberale, a parte la parentesi fascista, a uno Stato Democratico pluriclasse, passiamo dalla democrazia formale alla Democrazia sostanziale, passiamo dallo Stato esclusivo da cui bisogna difendersi , ad uno Stato inclusivo, che mira ad accogliere all’interno delle sue istituzioni tutti i cittadini, dall’ultimo montanaro delle Alpi all’ultimo contadino siciliano, passiamo da uno Stato fatto di padroni e servi/bestie a un Stato fatto di Cittadini, passiamo da un Io individuale, ad un Io sociale, l’uomo inteso come centro di relazioni sociali.
    Passiamo da uno Stato, dove alla viglia della prima guerra mondiale la ricchezza era distribuita in modo che il 10% possedeva il 90% delle proprietà, ad uno Stato che come compito istituzionale s’imponeva di riequilibrare a favore del 90% questo rapporto.
    Passiamo da un uomo/servo al servizio dell’economia e del profitto, ad una economia al servizio dell’essere umano, che grazie ad essa, diventa cittadino facente parte integrante della vita politica/economica del Paese.

    http://orizzonte48.blogspot.com/2016/02/il-risparmio-secondo-luropa-e-la.html?showComment=1455176477120#c3396659952701826899

    p.s. sempre grazie Presidente.

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  3. Visto che ci ammanniranno il solito orwelliano catechismo “antifascista” per benpensanti, come lo chiama Bensoussan, un piccolo antidoto sotto forma di citazione, non priva di qualche aggancio all’oggi, da un discorso sulla (già/ancora) crisi, che il “duce” tenne agli industriali il 22 giugno 1928.

    Sulla crisi e il suo andamento vi ha parlato il vostro presidente. Crisi vi sono state e vi saranno sempre. […] Ma io credo che siano già in atto gli elementi risolutivi della crisi. Li voglio brevemente accennare. Prima di tutto, la pace politica tra le nazioni. Dopo la guerra, vi sono stati dei conflitti fra Stati, conflitti che, come quello russo-polacco o greco-turco, possono dirsi periferici. È da prevedere però che la pace non sarà turbata fra le grandi nazioni d’occidente, che sono quello che danno l’indirizzo alla civiltà del mondo.
    Dopo la pace politica, la pace sociale. Assistiamo all’eclissi della lotta di classe. Dopo l’ultimo sciopero dei minatori inglese, le classi europee sono entrate in un periodo di stasi. D’altra parte, ben più irreparabile che l’eclissi della lotta di classe, è l’eclissi del socialismo come dottrina e come pratica. […]
    Altro fondamentale elemento risolutore della crisi è il ritorno alla parità aurea delle monete europee. A tale proposito non posso che definire grottesca la voce che il Governo italiano penserebbe a “rivedere” in peggio la quota di stabilizzazione, in vista di quello che si prepara in Francia, e chiamo senz’altro criminosi i tentativi di svendita di lire a tale scopo.
    Questi tentativi saranno nuovamente, duramente colpiti. Sulla quota della stabilizzazione legale si è già determinato un equilibrio che sarebbe catastrofica follia turbare. Il Governo non sarebbe degno di governare un’ora sola di più se commettesse tale follia. Sia, dunque, chiaro per tutti, per quelli che eventualmente soffrissero di nostalgie segrete, per i gonzi e per i mistificatori. E sia pacifico soprattutto per voi, industriali, che avete collaborato a determinare il nuovo equilibrio, condizione necessaria per la vostra attività. […]
    L’opera del Governo si perfezionerà nella difesa del bilancio, che si chiude e si chiuderà con un avanzo e nel disinteresse per le imprese cronicamente malate: loglio nefasto, che non deve più oltre contaminare il grano…
    ” (E. e D. Susmel (a cura di), Opera omnia di Benito Mussolini, La Fenice, Firenze, 1951-1963, vol. XXXIII, pagg. 195-6).

    Quindi, in sostanza: precaria non guerra internazionale, impotenza teorica e pratica del lavoro, gold standard a gogò, avanzo primario e potatura dei “rami secchi”. In attesa del '29.

    Ma grazie al cielo che oggi al potere ci sono gli “antifascisti”!

    Buon 25 aprile.


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    1. Un autentico piccolo vademecum ante-litteram del governante €uropeista e neo-liberista odierno. Direi allo stato più puro.

      Ma sai, nell'epoca in cui la sinistra si autoriduce ai diritti cosmetici e alla pace perseguita dalle ONG del capitalismo finanziario senza confini, mentre disprezza i diritti sociali, l'anfascismo diventa una posa grottesca e senza sostanza (né storica, né economica).

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  4. Così scriveva Lelio Basso il 25 aprile 1978, il suo ultimo, in un altro momento difficile per il nostro Paese:
    "NON E' TROPPO TARDI

    25 APRILE: sono passati trentatre [sic] anni dal giorno in cui, sotto la spinta congiunta degli eserciti alleati e dell'insurrezione popolare, l' esercito d'occupazione nazista capitolava e il popolo italiano poteva finalmente salutare l'alba del nuovo giorno. Quanto diverso esso sia poi stato dalle speranze che avevamo nutrito, e che almeno in parte abbiamo consacrato nella costituzione, è sotto gli occhi di tutti.

    A distanza di 33 anni - un terzo di secolo! - tre mi sembrano gli aspetti dominanti della nostra scena politica. Nello sfondo la progressiva disintegrazione di tutta la vita pubblica, tanto nel suo momento statale quanto in quello sociale, la crisi dei valori fondamentali della civiltà, una situazione drammatica, sull'orlo dell'abisso, che solo in parte è da ricondurre alla crisi generale che colpisce tutta la civiltà contemporanea, e in parte invece è conseguenza delle scelte fatte dalla nostra classe dirigente nel corso di questi decenni.

    Più avanti sulla scena, il grande fatto nuovo della vita politica italiana: l'ingresso del Pci nella maggioranza e l'accordo di governo Dc-Psdi-Pri-Psi-Pci. Tutti abbiamo presente quanti sforzi, quanta pazienza, quante sottili manovre, quanta fantasia anche nell'immaginazione delle formule è costata quest'operazione al suo artefice principale, Aldo Moro. Se l'accordo risultasse duraturo, meriterebbe un posto nella storia della vita politica italiana ancor più significativo del famoso connubio Cavour-Rattazzi. Ma fino a questo momento è difficile dire se diventerà un accordo "storico", come lo chiedono insistentemente i comunisti, o se sarà soltanto una risposta alla situazione di emergenza, come se lo augura larga parte - credo la maggioranza - della Dc. In ogni caso, sia che lo si concepisse duraturo sia che lo si concepisse provvisorio, era un tentativo di porre rimedio alle crepe più gravi dell'edificio, anche se non si cominciava ancora a rimontare la china. [continua]

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  5. [continua] Ma era un tentativo che arrivava molto in ritardo sugli sviluppi della crisi sociale, politica, morale in atto. I frutti avvelenati della situazione erano ormai maturi, e il rapimento di Moro, proprio di colui che aveva condotto l'operazione, era una nuova forma di risposta, una risposta che era una rivolta tanto contro il trentennio precedente quanto contro il rimedio escogitato. Factum infectum fieri nequit. Non si può fare che ciò che è accaduto non sia accaduto, ma quel che si potrebbe e anzi si dovrebbe fare è di apprendere la lezione dei fatti. Purtroppo non pare che la nostra classe dirigente sia pronta a imparare. Una buona parte di essa non sa vedere le proprie responsabilità nell'accaduto, non si rende conto che le Brigate rosse non sono piovute dal cielo e non rappresentano un'esplosione di delinquenza improvvisa, ma sono le figlie di una situazione che altre scelte di governo avrebbero potuto evitare. Anzi, vi si trova un pretesto per accentuare i difetti: questo stato, che non ha saputo compiere la rivoluzione antifascista, che non ha saputo assimilare lo spirito democratico della costituzione, che si è tenuto aggrappato alle vecchie leggi, ai vecchi criteri, ai vecchi istituti, e, soprattutto, alla vecchia mentalità, è in fondo lieto di avere un'ottima giustificazione per annullare alcune conquiste democratiche, per ristabilire norme e strumenti repressivi, anzi addirittura per inventarne di nuovi, senza che si veda alcun segno di voler avviare un processo di bonifica, non attraverso semplici provvedimenti di polizia ma attraverso una profonda riforma politica sociale e civile.

    E' troppo tardi? Siamo già alle soglie di una guerra civile? Può darsi che lo siamo, ma proprio per questo non è troppo tardi per riunire tutti i democratici di buona volontà non allo scopo di puntellare un mondo in rovina, ma per erigere finalmente l'edificio sano della democrazia italiana, che è stata ancora una volta soffocata sul nascere trentatre anni or sono.

    L'invito che un vecchio antifascista e resistente crede di poter rivolgere in queste giornate agli italiani che amano il loro paese è quello di richiamarsi nuovamente agli autentici valori della Resistenza, allo spirito democratico della Costituzione non solo per far fronte ai pericoli immediati, ma per guardare una buona volta al futuro, per avere il coraggio, anche nel buio che stiamo attraversando, di porre i mattoni dell'edificio democratico. Come ho detto altre volte, noi apparteniamo a coloro che non hanno bisogno di attendere che il sole sorga per credere alla luce. E quando è più fonda la notte, sappiamo che l'alba è vicina." (Il corsivo è mio).

    Non è troppo tardi, "Il Messaggero", 26 apr. 1978.

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  6. “Moro e Mattei avevano probabilmente - come fa ben capire il solito Basso citato da Mauro e il liberale Mussolini citato da Arturo - più nemici in Italia che all'estero.”

    Caro Bazaar….. e la corrrruzzzzione?

    Arturo3 gennaio 2017 15:31

    Questo “generoso” impegno contro la corruzione ha trovato in Italia un terreno molto fertile: nelle memorie di Carli, per esempio, la corruzione è un refrain ossessivo, il fil rouge con cui interpretare tutti gli scostamenti dalla più stretta ortodossia liberista avvenuti durante la storia repubblicana.

    Un esempio fra i tanti (G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, Roma-Bari, 1996 [1993], pagg. 132-3): “Risale infatti al Consiglio dei ministri del 9 aprile 1951 la relazione del ministro La Malfa su «La riorganizzazione delle partecipazioni economiche dello Stato». La Malfa, tra le proteste dell’opposizione, era stato nominato cinque giorni prima da De Gasperi ministro per il Commercio con l ’Estero, ruolo che svolse brillantemente, dopo aver lasciato l ’incarico di studiare la ristrutturazione dell’Iri, affidatogli quando era ancora ministro senza portafoglio.
    De Gasperi ascoltò la relazione, accompagnata da uno studio commissionato alla società di consulenza Stanford Research Institute. Prese il progetto, lo mise nel cassetto e ve lo tenne chiuso per tutto il resto della sua presidenza del Consiglio. Nell’intervallo tra la presentazione del progetto La Malfa e il momento nel quale Segni lo tirò fuori dal cassetto e lo presentò alla Camera, l ’evento più significativo fu senza dubbio la legge del 10 febbraio 1953, n. 136, che istituiva l’Ente nazionale idrocarburi. Luigi Sturzo scrisse articoli durissimi contro quell’iniziativa nella quale vedeva la nascita di uno strumento di corruzione. Nei mesi che precedettero la sua morte, don Sturzo chiamava spessissimo la signora Berni per convocarmi nel convento delle orsoline sulla Tuscolana. Con gli occhi di oggi, posso dire che Sturzo aveva della società italiana, dei partiti, della Dc in particolare, una opinione assolutamente preveggente, direi profetica. Per lui Mattei, l’Eni erano il male assoluto, il demonio. Con gli occhi di allora, quelle sue prese di posizione apparivano reazionarie, contrarie al nuovo, al progresso. Non lo erano. Sturzo difendeva un modello di «Stato minimo» perché temeva che la corruzione da metodo limitato al reperimento di fondi per i partiti, evidente nell’Eni anche nel suo atto di nascita, si estendesse in tutta la società come una vera e propria epidemia, vincendo, con la seduzione, le forze che avrebbero potuto contrastare la corruzione.”

    Quando le classi dirigenti di un paese considerano la democrazia sinonimo di corruzione, è un po’ difficile immaginarle pronte, o anche solo capaci, di arginare operazioni di spoliazione condotte sulla base di quello stesso presupposto di cui per anni hanno voluto che i media nazionali si facessero megafoni...

    http://orizzonte48.blogspot.com/2017/01/la-lotta-alla-corruzione-la-mano.html?showComment=1483453913682#c4587099956004780035

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    1. Mitico... pensavo proprio a questo post di Arturo.

      Se le variabili non sono la Struttura (proprietà e capitale, rapporti di produzione) e la relativa sintesi della dialettica nella politica economica, ma la Struttura è considerata parte del kosmos, della natura, e via casaleggiando, la variabile deve essere per forza la vita umana (il lavoro): quindi il problema, come ha insegnato per millenni la religione, non è nell'alienazione strutturale, ma è nella morale individuale. Il problema è la corruzione. L'uomo è solo per il fatto di essere parte del mondo della vita, portatore di peccato originale, intrinsecamento corrotto e atavicamente necessitante catene e vincoli esterni. Altrimenti la Natura che si estrinseca nel "libero mercato" sarebbe al massimo della sua efficienza e perfezione.

      (Che sui giornali si risolve in « non sono le teorie economiche e le ricette neoliberali a non funzionare rispetto agli obiettivi proclamati, sono gli esseri umani ad essere corrotti e a non far la cosa giusta. Debito e peccato sono concetti relativi alla morale dello sfruttamento)

      L'Uomo stesso è un problema alla naturale efficienza.

      L'efficienza è un concetto ingegneristico relativo sempre a un qualche genere di sfruttamento energetico. (Ricordo che il lavoro è l'attività antientropica per eccellenza della vita umana)

      Cosa diceva il software "alieno" a Neo in Matrix? L'uomo è un virus che "inquina Gaia", che consuma acqua, che produce CO². Il problema non è "l'alieno" stesso: è la specie umana. E questa conta i suoi peggior nemici nei grandi traditori dell'umanità stessa: le élite.

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    2. Grazie Bazaar anche per questo commento.

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    3. Concordo pienamente: una volta feticizzata, in modo più o meno chiaro, la struttura, logicamente la variabile dipendente diventa la vita umana.

      Il TINA è solo l’ultima incarnazione di questo barbaro fideismo, ma i precedenti abbondano.

      Uno particolarmente esemplificativo lo riporta Amartya Sen (The Idea of Justice, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, 2009, pag. 388): “In the troubled English summer of 1816, James Mill, the utilitarian philosopher, wrote to David Ricardo, the great political economist of his time, about the effects of the drought on agricultural output. Mill was worried about the misery that would be an unavoidable result of the drought, ‘the thought of which makes the flesh creep on one’s bones – one third of the people must die’. If Mill’s fatalism about famines and drought was striking, so was his faith in the demands of a rather simple version of utilitarian justice, geared only to reducing suffering. ‘It would be a blessing,’ Mill wrote, ‘to take them [the starving population] into the streets and high ways, and cut their throats as we do with the pigs.’ Ricardo expressed considerable sympathy for Mill’s line of exasperated thought, and like Mill (James Mill, I hasten to emphasize, not John Stuart) expressed his disdain for social agitators who try to sow discontent with the established order by telling people, wrongly, that the government can help them. Ricardo wrote to Mill that he was ‘sorry to see a disposition to inflame the minds of the lower orders by persuading them that legislation can afford them any relief’.”.

      Delicato, no? C’è pure la preoccupazione per la tentazione “populista” cui potrebbero cedere i recalcitranti all’“eutanasia”.

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    4. Ho avuto per un attimo la speranza che almeno una parte del Quarto Partito non fosse poi così decisa a sostenere il vincolo esterno: a novembre abbiamo avuto questo: http://www.affaritaliani.it/economia/euro-italia-non-aveva-i-requisiti-per-entrare-rivelazione-di-antonio-fazio-510282.html seguito a stretto giro a dicembre da questo https://www.nuovatlantide.org/visco-la-germania-tradito-leuro-tedeschi-crescono-spese-nostre/ a cui si aggiunge l'iniziativa di Tajani per "bloccare" l'addendum ed infine un libro su come uscire dall'Euro ad opera di un signore della Consob...

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    5. Il liberalismo vuole il malthusianesimo.

      Non c'è altro da aggiungere.

      E poiché il feticismo dell'ordine in classi non è messo in discussione (TINA) per definizione dai conservatori, gli antiliberali in qualsiasi senso "anticomunisti" sostengono de facto liberalismo... e malthusianesimo.

      (Sì, sì, anche tutti i tradizionalisti cattolici che lottano per il diritto alla vita, contro l'eutanasia e l'aborto, o per la sacralità e l'indissolubilità del matrimonio... il più possibile prolifico. Chi accetta l'ordine in classi accetta anche la soppressione del diritti e del DOVERE alla vita: purtroppo l'onestà intellettuale non risiede propriamente nell'intelletto. Ma nel cuore, fonte di ogni coscienza morale)

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  7. Non saranno mai abbastanza le parole di ringraziamento indirizzate a questo "glorioso blog". Al suo creatore e ai suoi commentatori: siete straordinari. Senza il vostro lavoro, questo giovane studente di economia non avrebbe neanche potuto concepire la potenza devastante del liberalismo.
    La consapevolezza di non essere da solo è sufficiente per continuare a studiare e riflettere sul futuro, anche in attesa del prossimo "shock".

    "Nessuno è obbligato a fare nulla: a qualcuno ha fatto comodo entrare nella NATO come a qualcun altro ha fatto comodo firmare trattati commerciali liberoscambisti e siglare accordi di cambi fissi."

    In merito a questo, volevo offrire una citazione di un "caro maestro"(ripropongo nel caso in cui sia già stata fatta):

    "Of course, it is possible to establish a government upon the violent oppression of reluctant people. It is the characteristic mark of state and government that they apply violent coercion or the threat of it against those not prepared to yield voluntarily. Yet such violent oppression is no less founded upon ideological might. He who wants to apply violence needs the voluntary cooperation of some people.

    An individual entirely dependent on himself can never rule by means of physical violence only. He needs the ideological support of a group in order to subdue other groups. The tyrant must have a retinue of partisans who obey his orders of their own accord. Their spontaneous obedience provides him with the apparatus he needs for the conquest of other people. Whether or not he succeeds in making his sway last depends on the numerical relation of the two groups, those who support him voluntarily and those whom he beats into submission. Though a tyrant may temporarily rule through a minority if this minority is armed and the majority is not, in the long run a minority cannot keep the majority in subservience. The oppressed will rise in rebellion and cast off the yoke of tyranny.
    ...
    Many of the great historical conquests were able to endure because the invaders entered into alliance with those classes of the defeated nation which were supported by the ruling ideology and were thus considered legitimate rulers. This was the system adopted by the Tartars in Russia, by the Turks in the Danube principalities and by and large in Hungary and Transylvania, and by the British and the Dutch in the Indies. A comparatively insignificant number of Britons could rule many hundred millions of Indians because the Indian princes and aristocratic landowners looked upon British rule as a means for the preservation of their privileges and supplied it with the support which the generally acknowledged ideology of India gave to their own supremacy. "


    (Mises Ludwig, Human action: a treatise on economics, Ludwig von Mises Institute, Auburn, Alabama, 1998, pag. 583-5)

    La corruzzzzione straniera... o "vincolo esterno"?

    Fortuna che agli austriaci piace fare regali... :)
    Il Nostro finì di scrivere questo capolavoro nel 1940. Come doveva sembrargli assurda la mancanza di libertà!
    D'altronde i liberali già avevano ideato nuovi strumenti più efficaci ed efficienti della forza bruta (la buon(?)anima di Bernays).

    E' un bene o un male che i nipotini di questa gente siano pure idioti oltre che psicopatici?
    Sarà socialismo... o di nuovo barbarie?



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